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Parlare (sempre) di migranti per cancellare Dio. Anche a Pasqua

Parlare (sempre) di migranti per cancellare Dio. Anche a Pasqua

Ma almeno nella Settimana Santa potrebbero parlarci di Gesù Cristo? O chiediamo troppo al Vaticano e a Bergoglio?

Non so se oltretevere ci siano ancora cattolici (a parte Benedetto XVI e pochi altri), ma in fin dei conti la ragion d’essere della Chiesa è solo questa e la gente comune ha un desiderio infinito di ascoltare uomini di Dio che parlano di Gesù, del senso della vita e dell’eternità.

Per discettare di clima e ambiente c’è già Greta Thunberg con i suoi seguaci, non c’è bisogno di Bergoglio che, se ci credesse, metterebbe in guardia dalle fiamme dell’Inferno più che dal riscaldamento globale.

Possibile che nella Chiesa sia stata completamente spazzata via la Passione di Cristo che si consegna al massacro per amore nostro, che “si svenerà per voi” come recita un antico canto polifonico, e che risorge, sconfiggendo il male e la morte, aprendo così agli uomini la vita eterna? Quante volte sentite Bergoglio parlare di resurrezione, di eternità, di Inferno, Purgatorio e Paradiso?

Da quando è iniziata la sua stravagante epoca sudamericana (alla messa d’inaugurazione parlò di ambiente), Gesù è diventato il Grande Misconosciuto, ma ancora di più il silenzio assoluto ha riguardato la vita eterna e il mistero di Dio.

Gesù viene ancora, saltuariamente, rammentato, ma solo come pretesto per parlare di migranti. A Natale ci hanno raccontato che Gesù era migrante (anche se non è affatto vero), così – invece della nascita del Figlio di Dio – sono stati celebrati i barconi.

Nella Settimana Santa ecco di nuovo il pretesto della Passione di Cristo per parlare – come al solito – di migranti. Il card. Bassetti, bergogliano presidente della Cei, perfino nella liturgia del giovedì santo ha voluto ripetere le solite baggianate farlocche (“I migranti non sono un problema, sono una risorsa”).

Nella Via Crucis del Colosseo, quella con la presenza di Bergoglio, c’informa “Repubblica”, le diverse “meditazioni contestano porti chiusi e lager dei migranti”.

È chiaro che nella Passione di Cristo è compreso tutto il dolore degli uomini, ma anzitutto, almeno di Venerdì Santo, si dovrebbe parlare di lui, perché per parlare di migranti Bergoglio usa già gli altri 364 giorni dell’anno.

Se poi vogliamo proprio parlare di atrocità ci sarebbero le sofferenze dei cristiani perseguitati che però il Vaticano di Bergoglio non ama considerare perché i persecutori sono spesso i regimi dei “fratelli” islamici o quelli comunisti come la Cina che Bergoglio vuole compiacere ad ogni costo (gli ha praticamente consegnato la Chiesa cinese).

Oppure ci sarebbe da parlare dell’attacco alla vita, a cominciare da quella dei “non nati” (molti milioni ogni anno), ma questo non è un tema politicamente corretto, quindi il Vaticano se ne guarda.

D’altronde la questione migranti è del tutto fuori tempo, perché oggi – chi ha a cuore la loro vita – dovrebbe solo rallegrarsi per la fine delle stragi in mare. Tuttavia non lo fa per non riconoscere i meriti del ministro dell’Interno.

La Chiesa africana considera una sciagura  la partenza di tante energie giovani verso l’Europa. Come ha spiegato il card. Robert Sarah, africano: “La Chiesa non può collaborare con la nuova forma di schiavismo che è diventata la migrazione di massa. Se l’Occidente continua per questa via funesta esiste un grande rischio – a causa della denatalità – che esso scompaia, invaso dagli stranieri, come Roma fu invasa dai barbari. Parlo da africano. Il mio paese è in maggioranza musulmano. Credo di sapere di cosa parlo”.

Il cardinale ha anche aggiunto:“Come un albero, ciascuno ha il suo suolo, il suo ambiente in cui può crescere perfettamente. Meglio aiutare le persone a realizzarsi nelle loro culture piuttosto che incoraggiarle a venire in un’Europa in piena decadenza. È una falsa esegesi quella che utilizza la Parola di Dio per valorizzare la migrazione. Dio non ha mai voluto questi strappi”.

Proprio il card. Sarah, grande uomo di Dio, ha spiegato mille volte che la più grande carità verso gli uomini è donare loro Dio, l’annuncio cristiano, ed è questo il compito della Chiesa.

Ma la chiesa progressista ha accantonato Dio e si occupa solo di politica, schiacciata sui temi della Sinistra. Bergoglio è in campagna elettorale permanente.

Sui giornali clericali sono spariti i “principi non negoziabili” e la politica “progressista” dilaga. Il giovedì santo, sulla prima pagina di “Avvenire”, giornale della Cei, campeggiava una grande pubblicità dell’ultimo libro del gesuita padre Bartolomeo Sorge (è tornato anche lui in questo revival degli anni Settanta). S’intitola: “Perché il populismo fa male al popolo”.

Capito? Mica spiega che il laicismo  o il relativismo fanno male al popolo, mica ci mette in guardia dal politically correct, mica tuona contro l’islamismo o contro il comunismo  (c’è ancora, nella Cina che sta conquistando il mondo).

No, il pericolo pubblico è rappresentato dal fantomatico “populismo”. Sono ancora fermi alla copertina di “Famiglia cristiana” con Salvini nei panni del diavolo.

La cancellazione di Dio dalla scena pubblica, di cui ha drammaticamente parlato Benedetto XVI nel suo ultimo intervento, sta avvenendo anzitutto ad opera di coloro che – per mestiere, se non per missione – dovrebbero parlare al mondo di Cristo e dell’eternità.

Lo ha detto con dolore lo stesso papa Benedetto: “Anche noi cristiani e sacerdoti preferiamo non parlare di Dio… Dio è divenuto fatto privato di una minoranza”.

Eppure gli uomini hanno uno struggente bisogno di ritrovare il senso della vita, di vedere una salvezza e guardano alla Chiesa come nei giorni scorsi, commossi, durante l’incendio della grande cattedrale di Notre Dame.

C’è fame e sete di Dio, ma chi dovrebbe sfamare e dissetare l’umanità è tarantolato dalla politica, dal fanatismo ambientalista e migrazionista e ha dimenticato Dio.

Eppure nulla come il volto di Cristo arriva al cuore. Come scriveva George Bernanos“Verrà un giorno in cui gli uomini non potranno pronunciare il nome di Gesù senza piangere”.

Siamo molto vicini a quel giorno.

Antonio Socci

Da “Libero”, 20 aprile 2019

 

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Migrazione di massa e nuovo schiavismo.

Migrazione di massa e nuovo schiavismo.

A chi si è addormentato con le chiacchiere monotone e “politicamente corrette” delle élite clericali che lisciano il pelo ai salotti delle ideologie dominanti, il nuovo libro del card. Robert Sarah provocherà uno choc.

E’ sulla linea del magistero di Benedetto XVI e di Giovanni Paolo II non solo sui temi dottrinali, ma anche sulle questioni sociali del presente.

Il cardinale africano giganteggia nella Chiesa attuale per la sua autorevolezza, la sua spiritualità, per il suo distacco dalle lotte curiali e per la sua coraggiosa voce di verità.

Del resto già da giovane vescovo in Guinea  entrò in urto col regime socialista, cioè “con Sekou Touré sempre più inferocito contro questo nuovo pastore indomito difensore della fede. Dopo la morte improvvisa del tiranno, nel 1984, scopriranno che Sarah era il primo sulla lista dei nemici”  (Sandro Magister).

Specialmente sul tema dell’emigrazione  lui, africano proveniente da un villaggio poverissimo, è totalmente controcorrente rispetto al clericalismo di sinistra

Mette in guardia dalla “barbarie islamista” (come dalla barbarie materialista), appoggia i paesi di Visegrad che difendono le loro identità nazionali e boccia il Global Compact sulle migrazioni.

Ormai – dice –“ci sono molti paesi che vanno in questa direzione e ciò dovrebbe indurci a riflettere. Tutti i migranti che arrivano in Europa vengono stipati, senza lavoro, senza dignità… È questo ciò che vuole la Chiesa? La Chiesa non può collaborare con la nuova forma di schiavismo che è diventata la migrazione di massaSe l’Occidente continua per questa via funesta esiste un grande rischio – a causa della denatalità – che esso scompaia, invaso dagli stranieri, come Roma fu invasa dai barbari. Parlo da africano. Il mio paese è in maggioranza musulmano. Credo di sapere di cosa parlo”.

Così, in un’intervista a “Valeurs Actuelles” , ha presentato il suo nuovo libro, appena uscito in Francia (in italiano arriverà a fine estate), che s’intitola “Le soir approche et déjà le jour baisse” , titolo che richiama il passo del Vangelo sui pellegrini di Emmaus.

E’ un grido d’allarme sulla Chiesa, sull’Europa e sulla sua Africa che ritiene danneggiata dall’ondata migratoria: “C’è una grande illusione che consiste nel far credere alla gente che i confini saranno aboliti. Gli uomini si assumono rischi incredibili. Il prezzo da pagare è pesante. L’Occidente è presentato agli africani come il paradiso terrestre (…). Ma come si può accettare che i paesi siano privati ​​di così tanti loro figli? Come si svilupperanno queste nazioni se così tanti loro lavoratori sceglieranno l’esilio?” 

Il prelato si chiede quali sono le strane organizzazioni  “che attraversano l’Africa per spingere i giovani a fuggire promettendo loro una vita migliore in Europa? Perché la morte, la schiavitù e lo sfruttamento sono così spesso il vero risultato dei viaggi dei miei fratelli africani verso un eldorado sognato? Sono disgustato da queste storie. Le filiere mafiose dei trafficanti devono essere sradicate con la massima fermezza. Ma curiosamente restano del tutto impunite”. 

Non si può far nulla? Il prelato cita “il generale Gomart, ex capo dell’intelligence militare francese”, il quale di recente ha spiegato: “Questa invasione dell’Europa da parte dei migranti è programmata, controllata e accettata […] Niente del traffico migratorio nel Mediterraneo è ignorato dalle autorità francesi, militari e civili”.  

Sarah si dice traumatizzato da quello che è accaduto negli anni scorsi: “La barbarie non può durare più. L’unica soluzione duratura è lo sviluppo economico in Africa. L’Europa non deve diventare la tomba dell’Africa”. Perciò “si deve fare tutto affinché gli uomini possano rimanere nei paesi in cui sono nati”

Così il cardinale si schiera pure contro il Global Compact che invece è sostenuto da Bergoglio: “Questo testo ci promette migrazioni sicure, ordinate e regolari. Ho paura che produrrà esattamente il contrario. Perché i popoli degli Stati che hanno firmato il testo non sono stati consultati? Le élite globaliste hanno paura della risposta della democrazia ai flussi migratori?”.

Sarah ricorda che hanno rifiutato di firmare questo patto paesi come Stati Uniti, Italia, Australia, Polonia e molti altri. 

Poi il cardinale critica il Vaticano che lo appoggia: “sono stupito che la Santa Sede non sia intervenuta per cambiare e completare questo testo, che mi sembra gravemente inadeguato”. 

E boccia le élite europee: “Sembra che le tecnostrutture europee si rallegrino dei flussi migratori o li incoraggino. Esse non ragionano che in termini economici: hanno bisogno di lavoratori che possano essere pagati poco. Esse ignorano l’identità e la cultura di ogni popolo. Basta vedere il disprezzo  che ostentano per il governo polacco”. 

Alla fine di questa strada – avverte Sarah – c’è solo l’autodistruzione. Secondo il cardinale si è approfittato della pur giusta lotta “contro tutte le forme di discriminazione” per imporre l’utopia della “scomparsa delle patrie”. Ma questo “non è un progresso”

Il multiculturalismo non va confuso con la carità universale: “La carità non è un rinnegamento di sé. Essa consiste nell’offrire all’altro ciò che di meglio si ha e quello che si è. Ora, ciò che di meglio l’Europa ha da offrire al mondo è la sua identità, la sua civiltà profondamente irrigata di cristianesimo”. 

Invece, secondo il cardinale, l’attuale globalizzazione “porta a un’omologazione dell’umanità, mira a tagliare all’uomo le sue radici, la sua religione, la sua cultura, la storia, i costumi e gli antenati. Così diventa apolide, senza patria, senza terra. È a casa dappertutto e da nessuna parte”.

Perciò il prelato spezza una lancia a favore dei paesi cosiddetti sovranisti: “I paesi, come quelli del gruppo di Visegrád, che si rifiutano di perdersi in questa pazza corsa sono stigmatizzati, a volte persino insultati. La globalizzazione diventa una prescrizione medica obbligatoria. Il mondo-patria è un continuum liquido, uno spazio senza identità, una terra senza storia”.

Antonio Socci.

Da “Libero”, 7 aprile 2019

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Fermate l’immigrazione o per voi sarà la fine : parola del Cardinal Sarah …

Fermate l’immigrazione o per voi sarà la fine : parola del Cardinal Sarah …

Robert Sarah, cardinale e arcivescovo cattolico nato in Guinea, è tornato sulla questione immigrazione nel suo terzo libro di interviste. Il suo pensiero si distacca notevolmente da quello di Bergoglio.

Bisogna fare di tutto perché gli uomini possano restare nel Paese nel quale sono nati”. Questo il contenuto di un tweet di Robert Sarah, cardinale e arcivescovo cattolico nato in Guinea. Un messaggio che suona come una risposta alle parole di Bergoglio che proprio in questi giorni – di ritorno da Rabat dove ha incontrato esponenti del mondo islamico – ha lanciato un nuovo invito ad accogliere i migranti e a non costruire i muri. “Il Vaticano non può prenderli tutti, ma c’è l’Europa“, ha ribadito il Vescovo di Roma. Ma la linea del Pontefice al riguardo è sempre stata chiara e netta, tanto da scagliarsi contro le misure in materia immigrazione volute dal Vicepremier Matteo Salvini.

L’appello di Robert Sarah, invece, vuole affermare esattamente il contrario e suona come un chiaro messaggio a bloccare l’immigrazione. Nel suo terzo libro di interviste – “Le soir approche et déjà le jour baisse” – il cardinale della Guinea prospetta un disastroso collasso dell’Occidente, conseguente ad una crisi culturale ed identitaria dovuta ai processi migratori. Un fenomeno incontrollato che porta l’Europa ad autodistruggersi: uno scenario apocalittico che si intravede già nel titolo che, se tradotto: “La sera arriva e già il giorno volge”.

“L’Europa vuole essere aperta a tutte le culture e tutte le religioni del mondo, promette una migrazione sicura, ordinata e giusta”, sostiene nel libro, l’autore, prefetto della Congregazione per il Culto Divino e la Disciplina dei Sacramenti. Eppure, il risultato è rovesciato e quello che si produce è il contrario: timori, squilibrio, situazioni incontrollate. Una visione che contrasta con quella di Papa Francesco ma che potrebbe trovare seguaci in in quanti piangono l’assenza di Ratzinger, che si espresse sulla necessità di riconoscere un diritto, prima che all’emigrazione, a restare nel proprio luogo di nascita.

Il Papa deve aver accolto di cattivo grado le idee di Robert Sarah, già diffuse in svariate occasioni. In rapporti tra i due sono tesi fin da quando il primo gli inviò una sfiducia pubblica, che potrebbe portare ad un mancato rinnovo del mandato quinquennale. La decisione è recente ma i fatti risalgono allo scorso settembre quando il Papa aveva promulgato il motu proprio Magnum Principium, che affidava alle Conferenze Episcopali nazionali tutti i poteri circa la traduzione dei testi liturgici. Sarah, qualche settimana più tardi, aveva inviato a Bergoglio un suo parere sulla questione, sostenendo che non cambiava granché e che la Congregazione per il Culto Divino da lui presieduta avrebbe avuto ugualmente voce in capitolo. Con la sfiducia, in sostanza, Bergoglio ha richiesto di fare mea culpa pubblico su questioni che attengono al culto e, soprattutto, per averlo contraddetto. Ma le scuse non sono mai arrivate.

Il libro di Robert Sarah

Nel prossimo futuro, sappiamo che ci sarà uno squilibrio in Europa di una rara pericolosa situazione demografica, culturale e religiosa”, si legge nel libro. La Chiesa farà appello all’idea di carità universale secondo la quale aiutare gli altri incondizionatamente è un dovere morale. “L’impresa multiculturale europea sfrutta un ideale incompreso di carità universale”: ma la carità, sostiene Sarah, non vuol dire negare se stessi, anzi offrire agli altri ciò che è meglio. E non sempre accogliere può essere la soluzione migliore.

“Perché la morte, la schiavitù e lo sfruttamento sono così spesso il vero risultato dei viaggi dei miei fratelli africani verso un eldorado sognato?”, si chiede non a caso l’africano. E, non a caso, secondo le stime, la riduzione degli sbarchi salva più vite umane. Il sacerdote fa notare come l’Occidente, per gli africani, sia un paradiso terrestre. Ma né fame, né violenza, né guerra possono far correre il rischio di mettere a repentaglio la vita, tentando la sorte in mare. “Ma come si svilupperanno queste nazioni se così tanti lavoratori sceglieranno l’esilio? Quali sono queste strane organizzazioni umanitarie che attraversano l’Africa per spingere i giovani a fuggire promettendo loro una vita migliore in Europa?”, si chiede Sarah. E ha ragione. Le domande e le considerazioni sono legittime, mentre sbagliata è l’idea che abolire i confini sia cosa giusta e saggia, così come abolire la natura sia cosa moderna e innovativa.

Nel caso del pericolo dell’Islamismo radicale, dice ancora il Cardinale, bisognerebbe stabilire con fermezza le condizioni entro le quali condividere il mondo con gli altri,  se gli altri mettono in pericolo vita e civiltà. Tirando le somme, l’obiettivo deve essere fare in modo che le persone possano restare nel paese in cui sono nati, in quanto “lo sradicamento culturale e religioso degli africani proiettato nei paesi occidentali che stanno vivendo una crisi senza precedenti è un terreno fertile”. L’unica soluzione duratura, per il sacerdote, è lo sviluppo economico in Africa.

FONTE   leggi qui 

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Sono ancora molto preoccupata.

Sono ancora molto preoccupata.

di Silvia Haia Antonucci

Le informazioni che arrivano tramite i mass media, sono molto diverse – per fortuna – ma il numero di facili e banali distorsioni della realtà che sembrano essere accettate dal pubblico acriticamente stanno aumentando a dismisura.

La mia sensazione è che la nostra società occidentale sia in pieno decadimento.
Purtroppo, se si guarda al passato, certi meccanismi sono sempre gli stessi: un impero / società nasce, si sviluppa e poi decade. Solitamente, purtroppo, il decadimento porta a un evento disastroso, di solito una guerra che distrugge la società esistente, seguita da un periodo “buio” e poi da una rinascita di un’altra società…

Il decadimento che riguarda la nostra società da molti anni ormai colpisce tutti i settori, nessuno escluso. Ma solitamente, i primi effetti devastanti si notano nel campo della cultura e dei valori.
Non è certo mia intenzione scrivere qui un trattato sociologico/filosofico, anche se moltissimo ci sarebbe da scrivere.

Quello che più mi preoccupa è la diffusa ignoranza – intesa proprio etimologicamente, quindi non sapere, non avere gli strumenti per capire – che, malgrado l’apparente facile accesso a scuole, università, master, notizie, informazioni, etc., dilaga ed è accettata senza che vi sia una qualche “autorità” che possa correggere gli errori. E’ proprio il concetto di “autorità” che non esiste più, inteso non come una dittatura, ma come un qualcosa che è riconosciuto, seguito, rispettato, che ha gli “strumenti” per costituire un esempio da seguire riconosciuto.
Mi riferisco al ruolo atavico di genitori, insegnanti, politici, etc., insomma tutti coloro che dovrebbero formare, indirizzare e dare l’esempio.

Invece, sempre più spesso, mi capita di cogliere discorsi di genitori che si lamentano per il fatto che i figli fanno tutto quello che vogliono e sono i genitori stessi a subire i loro comportamenti… Purtroppo, anche a causa del fatto che i genitori sono sempre più assenti (in genere per il lavoro che molto spesso è una effettiva necessità) e incapaci di gestire la fluidità attuale dei ruoli genitoriali – soprattutto da parte maschile – i figli non ne riconoscono più la loro giusta autorevolezza.

La scuola non riesce più a compiere la propria funzione di formazione e istruzione, con gli insegnanti che, ad esempio, se danno voti bassi a studenti che se li meritano, devono poi affrontare l’ira dei genitori che difendono a spada tratta e acriticamente i figli a parole e, a volte, anche con minacce e scontri fisici mentre, ad episodio accaduto, la “Legge” non è in grado di comminare allo studente e ai genitori la giusta punizione per il comportamento altamente scorretto, al fine di ricostituire l’autorità dell’insegnante che, invece, risulta irrimediabilmente compromessa…
Anche l’università dà il suo contributo a questo panorama – a parte eccezioni che esistono, ma stanno diventando purtroppo una minoranza –, infatti, non riesce a compiere il proprio ruolo, ovvero produrre la futura dirigenza del Paese. Tutti, o quasi, possono accedere all’università, stazionarvi come preferiscono – basta che i genitori continuino a pagare le rette – e a volte sono promossi perché, altrimenti, “quella cattedra” o “quella università” rischia di chiudere (sottolineo il fatto che, purtroppo, queste mie affermazioni si basano su fatti realmente accaduti di cui sono venuta a conoscenza dai diretti interessati). Il risultato è che coloro che vorrebbero formare la nostra classe dirigente sono sempre meno preparati e adeguati, quindi, di conseguenza, anche la classe dirigente spesso lo è e, ovviamente, a caduta, coloro che lavorano nei ruoli da essa dipendenti sono scelti in modo tale che non possano “oscurare” la dirigenza… è il meccanismo perverso del “cane che si morde la coda”….

Inoltre, oggi tutti possono dire tutto a tutti – sui Social Network in generale – contando su una platea enorme, compresi anche coloro che in passato erano irraggiungibili, ad esempio i politici: non sembra esistere più distinzione di ruoli – anche perché poi spesso, come già accennato prima, la competenza non c’è e il livello culturale di chi dirige è molto simile a quello della “persona comune” –  quindi chiunque può governare il Paese a prescindere dalle proprie capacità e titoli: tutto si appiattisce, tutto è uguale e banalizzato.

Inoltre, se la scuola fallisce nel fornire una base culturale e valoriale solida, tale ruolo non è certo supplito da altri, ad esempio i mass media. A parte il fatto che anche i quotidiani più seri ormai propinano al pubblico una serie di “notizie” che riguardano solo il pettegolezzo sui volti noti, svilendo quindi la propria funzione giornalistica sia per quanto riguarda l’importanza che viene data alla notizia, sia per quanto concerne la sua attendibilità: nella nostra società in cui non conta più il rigore nel controllo della veridicità della notizia e il conseguente rispetto per il pubblico, ma la velocità con cui viene data, tutti possono dire tutto, smentire tutto, ribaltare tutto, senza che esista più un’etica e senza che chi dà una notizia errata venga punito e tale “punizione” sia di esempio per tutti gli altri…
Molto ci sarebbe da dire anche sul livello culturale della TV italiana, ma andiamo oltre…

Questa mancanza di base di un sistema culturale e valoriale di riferimento, produce di conseguenza superficialità, appiattimento, inaffidabilità…
E questo ha ricadute pesantissime sulla vita di tutti i giorni: in un mondo che cambia sempre più velocemente, non siamo più in grado di analizzare e comprendere le situazioni e il significato stesso delle parole.

Prendiamo ad esempio la situazione attuale di coloro che immigrano in Europa.
Movimenti migratori sono sempre esistiti nel mondo, a volte si è trattato di un fenomeno che si è riassorbito senza traumi per la società, altre volte, invece, si è trattato di vere e proprie invasioni.
E’ ovvio e scontato che la solidarietà verso chi è in difficoltà deve essere sempre un valore condiviso. Ma siamo davvero certi di sapere cosa significhi davvero la parola “solidarietà” e che sia corretto impiegarla per ogni situazione estrapolandola dal suo contesto?
Una persona soffre: ha bisogno della nostra solidarietà… chi sia, perché soffre e perché chiede aiuto fa parte del contesto che la maggior parte della popolazione ignora completamente. Siamo certi che sia giusto e corretto usare la parola “solidarietà” in modo automatico e acritico?

In generale, semplificando molto, le informazioni che riceviamo dai mass media circa gli immigrati sono:
1.      nei paesi del Terzo Mondo ci sono tante guerre;
2.      nei paesi del Terzo Mondo le persone muoiono di fame;
3.      l’Occidente deve aiutare il Terzo Mondo;
4.      l’Italia deve accogliere tutti altrimenti mostra di non avere umanità e solidarietà;
5.      le ONG sono le uniche associazioni umanitarie che possono aiutare i migranti;
6.      bisogna accogliere tutti per non compiere di nuovo gli errori accaduti in passato.

Tutto apparentemente corretto, ma andiamo ad analizzare la situazione nel dettaglio:

1.      Nei paesi del Terzo Mondo ci sono tante guerre…
Anche l’Europa ha subito guerre devastanti e vi sono state emigrazioni, ma certamente non ingenti come quelle a cui stiamo assistendo adesso. Inoltre, per quanto riguarda, ad esempio, la situazione italiana, studiando un po’ di storia si scoprirebbe che molto spesso dietro a questi flussi di migranti vi sono veri e propri accordi polico-economici tra i paesi interessati che nulla hanno a che vedere con la parola “solidarietà”. Possibile, comunque, che se c’è una guerra è automaticamente normale e giusto che la popolazione scappi e vada in altri paesi, comunque non limitrofi, ma lontani, come è, ad esempio, l’Europa per il continente africano?… C’è qualcosa che non torna in questo ragionamento…

2.      Nei paesi del Terzo Mondo le persone muoiono di fame…
E’ vero che nel Terzo Mondo molta gente muore di fame e vuole scappare… eppure è noto che coloro che scappano pagano somme non indifferenti agli scafisti per fuggire. E poi, perché mai l’Occidente non mette in atto nessuna procedura per minare il lavoro degli scafisti che sono ladri e approfittatori immorali? Gli immigrati comunque danno loro tanti soldi, ma, allora, sono davvero poveri oppure no?… C’è qualcosa che non torna in questo ragionamento…

3.      L’Occidente deve aiutare il Terzo Mondo…
E’ vero che il mondo occidentale non può rimanere inerte di fronte ai problemi del Terzo Mondo, ma come mai la maggior parte dei migranti approda in Italia? Solo recentemente qualcosa è cambiato e la reazione durissima del presidente francese Macron, e non solo, contro l’Italia è un indicatore evidente di come l’Europa dia assolutamente per scontato che tutti debbano arrivare in Italia, ma perché? Perché quasi tutti danno per scontato che solo l’Italia debba accogliere tutti coloro che arrivano sulle sue coste e che questo sia giusto? C’è qualcosa che non torna in questo ragionamento…

4.      L’Italia deve accogliere tutti altrimenti mostra di non avere umanità e solidarietà…
Considerando la crisi finanziaria che stiamo affrontando, è evidente che continuare ad accogliere tutti è semplicemente un suicidio per l’Italia, non credo che ci vogliano capacità analitiche professionali per capirlo. L’Italia deve essere per forza il “primo approdo” per tutti al di là delle proprie capacità di accoglienza altrimenti è “disumana”? C’è qualcosa che non torna in questo ragionamento…

5.      Le ONG sono le uniche associazioni umanitarie che possono aiutare i migranti…
E’ vero che spesso lo Stato non è in grado da solo di assistere coloro che hanno bisogno di aiuto e il fatto che vi siano persone che svolgono attività di volontariato nell’aiuto dei più deboli è giusto e bellissimo, ma questa attività dovrebbe essere solo di supporto all’azione dello Stato. Ma com’è che sembra che senza ONG non si riesca più a soccorrere nessuno?
E poi ci vorrebbe una estrema chiarezza circa il lavoro delle ONG, proprio per evitare accuse davvero infamanti di lucrare sui migranti: lo Stato dovrebbe chiarire bene chi sono le ONG autorizzate a intervenire (è chiaro che debbano avere una serie di precisi requisiti per operare), se la loro attività è svolta solo su base volontaria o se i loro membri sono pagati e, in caso positivo, da chi? Dallo Stato? E perché lo Stato non riesce a organizzare propri uffici per far fronte all’emergenza? Perché le ONG sono diventate i principali soggetti coinvolti nell’aiuto ai migranti? C’è qualcosa che non torna in questo ragionamento…

6.      Bisogna accogliere tutti per non compiere di nuovo gli errori accaduti in passato…
Sempre a proposito di questa “solidarietà acritica”, sui mass media compaiono paragoni agghiaccianti e antistorici con la Shoah che mostrano una profonda ignoranza della situazione. Ogni fatto va contestualizzato e affermare che l’aiuto ai migranti oggi è uguale all’aiuto – che non c’è stato – agli ebrei durante la Shoah è mostrare una superficialità terribile. Perché l’idea che l’Europa, anzi, l’Italia, provi a difendersi da un’ondata migratoria senza precedenti a cui non riesce a far fronte, non risulta una semplice, banale e normale politica di autotutela, mentre qualsiasi no ai migranti viene interpretato automaticamente come un’offesa all’umanità? C’è qualcosa che non torna in questo ragionamento…

La parola “solidarietà” applicata a quello che sta accadendo oggi nel Mediterraneo, è quasi sempre usata in modo completamente distorto, antistorico e fazioso. L’accogliere chiunque in nome di una “solidarietà acritica” è una politica suicida verso il proprio Paese che forse nasconde ben altri interessi.

E gli esempi di ragionamenti “che non tornano” e parole, di cui si è perso il significato reale, usate a sproposito, potrebbero moltiplicarsi…

E’ giusto che ognuno manifesti la propria opinione e quindi non mi stupisce di leggere articoli faziosi che distorcono la realtà e manipolano il significato delle parole.
Quello che mi spaventa è che non vi sia un’alzata di scudi consapevole contro di ciò.

La nostra società sta perdendo l’abitudine al ragionamento critico in favore di una molto più facile e accessibile superficialità, banalizzazione, appiattimento, accettazione passiva, giustificazione di qualsiasi comportamento e disinteresse…

Il problema è che non è affatto facile ragionare in modo critico, crescere in modo consapevole e con un’identità e valori forti, svolgere un ruolo attivo all’interno della società, ambire a voler essere protagonisti sui Social Network e sui mass media in generale, e via dicendo. Tutto ciò è ormai accessibile a tutti, ma ci si dimentica troppo spesso che, per farlo bene, bisogna avere gli strumenti necessari e per averli è fondamentale faticare, impegnarsi.

 

di Silvia Haia Antonucci

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