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Il “Caso Becciu” e Papa Bergoglio nel declino di un Pontificato. Con qualche sorprendente segnale di ortodossia Cattolica.

Il “Caso Becciu” e Papa Bergoglio nel declino di un Pontificato. Con qualche sorprendente segnale di ortodossia Cattolica.

Già Benedetto XVI cercò di fare pulizia nelle intricate e oscure questioni finanziarie del Vaticano e si ebbe la sensazione di un’impresa durissima ai limiti dell’impossibile, addirittura fino a suscitare in alcuni il dubbio che essa abbia influito nella “rinuncia” al pontificato.

Jorge Mario Bergoglio, nel 2013, fu eletto anche “per far pulizia nelle finanze del Vaticano”, come ha ricordato il cardinale George Pell. In effetti ci ha provato fin dall’inizio, ma questi sette anni sono stati un susseguirsi di tentativi e fallimenti. Anche qui con una serie di nomine, siluramenti, contraddizioni, errori e casi mai ben chiariti, fino a precipitare nel dramma di queste ore che ha investito uno dei principali collaboratori di papa Francesco: il cardinale Angelo Becciu, “licenziato” su due piedi dal pontefice per la gestione dei fondi del Vaticano. Lui che era – come scrive Matteo Matzuzzi – “il potentissimo cardinale, considerato più vicino e in confidenza con il Papa”.

E’ un caso tanto clamoroso – anche per i suoi possibili sviluppi – che ieri un giornale titolava: “La Chiesa è nel caos. Siamo al tutti contro tutti”.

C’è chi si rallegra, come il card. Pell, perché pensa che stavolta sia stata presa la strada giusta (peraltro Pell è ritenuto un conservatore) e chi ritiene di assistere a un incomprensibile sfacelo. Infatti i media che hanno sempre supportato papa Bergoglio non sanno più che spartito suonare, perché quella che viene chiamata “guerra per bande”, esplosa con il “caso Becciu”, è tutta interna all’establishment bergogliano. Ed è un significativo paradosso che tale guerra scoppi oltretevere proprio mentre il papa sta per firmare la sua nuova enciclica che si intitola “Fratelli tutti”. Guardando alla sua Curia verrebbe da commentare: fratelli coltelli.

Quello che sconcerta nella vicenda di queste ore è – in primo luogo – la gravità delle accuse stavolta abbattutesi su uno dei più stretti collaboratori del papa, da lui sempre sostenuto e promosso cardinale; in secondo luogo la modalità del “siluramento” senza spiegazioni e senza condanne, che ha fatto firmare a Luis Badilla, direttore del sito ultrabergogliano “Il Sismografo”, molto ben introdotto in Vaticano, un editoriale di fuoco intitolato: “Vicenda Becciu: un tipico caso di cannibalismo mediatico animato dall’interno delle mura vaticane”.

Dopo aver ricordato che Becciu “non è sotto processo e non è indagato”, Badilla scrive: “Il gesto di ieri del Papa assomiglia ad una ‘esecuzione’: sei accusato di … ma non puoi difenderti (tranne che tramite la stampa)”.

Secondo Badilla, “Becciu va processato come Pell e tutti devono attendere la sentenza finale definitiva. Il Papa, nonostante i suoi poteri, non è un giudice né un tribunale. Nonostante tutto, i diritti dell’accusato esistono e le garanzie anche così come la presunzione d’innocenza tanta cara a Francesco… Occorre ricordare” ha aggiunto Badilla “che sono decine le persone, alcune collaboratori vicini a Papa Francesco, che hanno finito di colpo le loro mansioni, senza ricevere spiegazioni, prove o ringraziamenti… Non si può andare avanti così anche perché causa un danno gigantesco nel cuore dei cristiani semplici, umili e fedeli”.

Il giudizio del bergogliano Badilla è simile a quello di Riccardo Cascioli, direttore del sito cattolico “La nuova Bussola quotidiana”: “Quella del cardinale Becciu è l’ennesima epurazione ai vertici della Santa Sede che accade in questo pontificato. Epurazioni degne di giunte militari sudamericane, che evitano di appurare la verità”.

Eppure stavolta, al di là della durezza del potere e delle formalità controverse, sembra di cogliere in papa Bergoglio una sorta di sbigottimento, di smarrimento e delusione, come di chi si trova di fronte a una mole di problemi imprevisti da cui si sente schiacciato, cosicché reagisce in modo sbrigativo e convulso. Lo ha fatto capire lo stesso Becciu nella sua conferenza stampa, dicendo: “l’ho trovato in difficoltà, ho visto che soffriva”.

Matteo Matzuzzi, vaticanista del “Foglio”, ha fatto un affresco drammatico: “Il declinante pontificato bergogliano sta assumendo i tratti della più cupa tragedia shakespeariana… siamo alla nemesi del pontificato: dopo aver eliminato senza troppi complimenti gli oppositori dottrinari, magari leali, ma non troppo in linea” con la sua rivoluzione e “averli sostituiti con fidatissimi uomini d’apparato con poco odore di pecora e lunghe carriere tra gli uffici della curia, la mannaia è andata ora a colpire proprio questi ultimi”.

Il dramma è solo agli inizi, perché non si può pensare di riportare nel silenzio una vicenda così clamorosa senza chiarire tutte le responsabilità. Ma ora l’enormità del problema economico incombe sul papa anche da altri lati. Il 30 settembre – proprio mentre il segretario di Stato americano Mike Pompeo è a Roma per lo scottante problema dei rapporti Vaticano/Cina – inizierà pure l’ispezione del Comitato Moneyval del Consiglio d’Europa, che deve decidere sulla permanenza del Vaticano nell’elenco dei Paesi virtuosi per gestione dei bilanci, lotta a corruzione e riciclaggio.

Inoltre c’è un altro macigno: il crollo delle offerte dei fedeli. Il Vaticano teme che anche casi finanziari come quello in corso alimentino la forte sfiducia dei credenti che negli ultimi anni hanno già tagliato le offerte dell’8 per mille, dell’Obolo di San Pietro e delle altre donazioni: basti dire che l’Obolo di San Pietro è passato dai 101 milioni del 2006 ai 70 del 2015. Ormai i giornali agitano apertamente lo spettro del default vaticano, che sarebbe davvero un dramma singolare considerato che fin dall’inizio papa Bergoglio ha affermato di sognare una Chiesa povera.

Adesso forse si capirà che l’ideale della povertà, dell’austerità della vita, dovrebbe essere semmai delle persone (dai semplici cristiani agli alti prelati), ma la Chiesa in quanto tale ha bisogno di grandi mezzi economici per le sue missioni, per le sue opere educative, caritatevoli e assistenziali, per sacerdoti e religiosi, per la sua presenza ai quattro angoli del globo.

E’ possibile un ripensamento del papa su molte sue parole d’ordine “rivoluzionarie” di questi sette anni? Vedremo. La Chiesa è nella tempesta e c’è chi ha notato che negli ultimi tempi sono arrivati segnali che farebbero pensare a un papa Bergoglio preoccupato della confusione in cui si trovano i fedeli dopo questi anni “rivoluzionari”.

Per esempio il suo stop all’ordinazione di uomini sposati o certe recenti prese di posizione sul fine vita e sull’aborto o il recente “no” vaticano all’intercomunione con i protestanti.

Sono segnali che potrebbero far pensare a una correzione in corso del pontificato (gradita, per esempio, alla Chiesa americana). Ma anche segnali che aumenteranno l’irritazione (già palese nei mesi scorsi) dei settori cattoprogressisti (specie tedeschi). Su queste prese di posizione il papa sa di avere, anche da noi, l’appoggio di quella Chiesa fedele che non ha dimenticato Giovanni Paolo II e Benedetto XVI e che in questi anni è stata relegata ai margini. Quello è il popolo cristiano che resta sempre fedele.

Antonio Socci

Da “Libero”, 27 settembre 2020

 

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ECCO PERCHE’ I CATTOLICI HANNO AFFONDATO IL POLITICO BERGOGLIO CHE (OLTRE ALLA CHIESA) AFFOSSA TUTTI QUELLI CHE SPONSORIZZA.

ECCO PERCHE’ I CATTOLICI HANNO AFFONDATO IL POLITICO BERGOGLIO CHE (OLTRE ALLA CHIESA) AFFOSSA TUTTI QUELLI CHE SPONSORIZZA.

Ormai sembra il bacio della morte. Tutto quello che Bergoglio tocca va in rovina. Nella Chiesa anzitutto (ed è evidente a tutti). Ma anche nella politica, che poi è la vera ossessione del gesuita argentino.

Alle presidenziali americane  si lanciò contro Trump (e a favore della Clinton) e Trump trionfò, mentre Hillary sprofondò. La stessa cosa è accaduta nelle presidenziali della sua Argentina e in quelle del BrasileDue sconfitte brucianti per i candidati sostenuti da lui.

Eguale disastro alle consultazioni in Colombia. Fece fare poi opposizione alla Brexit e sappiamo come è finita. Ormai si dovrebbe sfuggire l’appoggio di Bergoglio come una condanna sicura.

In Italia il Pd  dal 2013 ha seguito Bergoglio nella sua linea migrazionista. Così il Vaticano nel 2016 appoggiò il referendum costituzionale di Renzi  e fu un tale disastro  che il governo dello stesso Renzi crollò. Poi, alle elezioni del 2018, la chiesa bergogliana sostenne il Pd contro Lega e centrodestra e il Pd uscì a pezzi, precipitando al minimo storico, con le dimissioni di Renzi dalla segreteria.

Alle elezioni europee del 2019, per fermare Salvini, il Vaticano ha instaurato un collegamento con il M5S, che è ultralaicista, ma a Bergoglio non importa: a lui interessava che Di Maio bombardasse quotidianamente Salvini. E Di Maio lo ha fatto. Un cardinale aveva confidato al “Fatto quotidiano” che in Vaticano “i Cinque Stelle sono di casa”. Ebbene, anche per il M5S quello di Bergoglio è stato il bacio della morte: crollo e voti dimezzati.

Così queste elezioni europee ci hanno consegnato un vincitore, Matteo Salvini, e due sconfitti assoluti: il M5S e Giorgio Mario Bergoglio. E’ evidente a tutti perché Bergoglio, dimenticandosi il sacro ministero del Vicario di Cristo, in queste settimane si è buttato anima e corpo nella mischia politica lanciandosi in una campagna elettorale sfrenata contro Salvini.

Il vescovo di Roma ha trascinato anche la Chiesa italiana in un vortice di fanatismo antisalviniano che è arrivato fino al punto di permettere al “Fatto quotidiano” di titolare: “Il papa è la vera opposizione a Matteo Salvini”. E anche: “Cei: ‘Votate tutti tranne Salvini’ ”.

“L’Espresso”, proprio nel giorno del voto, ha dedicato la copertina a Bergoglio, come eroe della Sinistra, lo “Zorro” che avrebbe dovuto spazzar via il leader leghista. Eloquente il sottotitolo: “Gli striscioni e le maschere. Il popolo della protesta e la Chiesa di papa Bergoglio che passa all’opposizione”.

Ha voluto trasformarsi in politico (umiliando la Cattedra di Pietro e scandalizzando milioni di credenti) , dunque è giusto che Bergoglio venga ora valutato come politico: bocciato totalmente  dal popolo e soprattutto dal popolo cattolico. In quanto politico è stato addirittura sfiduciato dai fedeli che hanno sfruttato questa occasione per far capire al Vaticano come la pensano sul papato di estrema sinistra che ha ridotto la Chiesa in condizioni penose e che vuole riempire l’Italia di immigrati (magari islamici).

Lo svilimento del ministero petrino, lo svuotamento della fede ad una dimensione tutta orizzontale, sociologica, da attivismo politicante di estrema sinistra, il concentrarsi esclusivo e ossessivo sui migranti, l’essere del tutto indifferente ai problemi del nostro popolo, tutto questo ha convinto la gente che l’attuale vertice vaticano – oltre a maltrattare i cristiani spesso con pessime espressioni – disprezzi gli italiani e, dopo l’episodio del cardinale elettricista, si è avuta la netta sensazione che non rispetti neanche lo Stato italiano e le sue regole.

E’ stata un’operazione sconcertante. In queste settimane di massacri di cristiani nel mondo, di attacchi pesanti alla vita e di dati allarmanti che mostrano lo svuotarsi delle chiese in Italia, la gerarchia vaticana, infischiandosene di Dio, ha ritenuto di gridare allo scandalo per l’unica cosa per la quale avrebbe dovuto esultare: un politico che affida i destini d’Italia e d’Europa al Cuore Immacolato di Maria e che richiama la sua gente alla protezione dei santi patroni dell’Europa.

La corte bergogliana è inorridita davanti a un rosario quasi come se ne avessero terrore. Bergoglio ha perfino fatto sapere che lui non stringerà mai la mano a Salvini : eppure aveva stretto calorosamente la mano alla laicissima e abortista Bonino e aveva accolto in Vaticano il Centro sociale Leoncavallo con altri centri sociali della sinistra sudamericana.

In effetti il Bergoglio che inorridisce per il rosario baciato da Salvini  in piazza è lo stesso Bergoglio che gradì (portandolo con sé) il dono del socialista boliviano Morales: la falce e martello con sopra l’immagine di Cristo. Non si scandalizzò e non insorse come ha fatto quando Salvini ha baciato il rosario.

Se il messaggio di Bergoglio – tramite la Cei – è stato (come sintetizzato dal “Fatto”) “votate tutti tranne Salvini”, il popolo italiano e anzitutto il popolo cattolico ha risposto votando Salvini e bocciando Bergoglio e la Cei.

Salvini lo ha capito e nei commenti a caldo, la sera di domenica, è tornato a baciare il rosario e a ringraziare la Madonna, proprio per ringraziare i tanti cattolici che gli hanno dato fiducia e per ribadire la sua convinta difesa delle radici spirituali dell’Italia e dell’Europa, che poi è la tenace battaglia per la nostra identità.

Dopo che i catto-progressisti, in questi decenni, hanno tanto enfatizzato (a parole) il ruolo dei laici nella Chiesa, le gerarchie clerico-progressiste hanno invaso abusivamente il campo dei laici, la politica, e hanno fallito, venendo sonoramente bocciati dal laicato cattolico.

Dunque adesso imparino  dai cattolici. Apprendano umilmente la lezione  che i laici, nel loro campo specifico, hanno dato alla corte bergogliana e alla Cei. Facciano mea culpa e chiedano scusa al popolo cattolico, che hanno tradito, e a tutti gli italiani.

Tornino, queste gerarchie, a occuparsi della fede, di Gesù Cristo, e magari – invece di fare comizi – riportino per le strade delle città la Madonna pellegrina che un tempo servì anche per ricordare al popolo il pericolo mortale del comunismo (persecutore dei cristiani).

Bergoglio e la Cei potrebbero chiedere a qualche laico di insegnare  loro la devozione alla Madonna e ai nostri santi. Per esempio potrebbero chiamare Salvini a far loro lezione. Infatti, a quanto pare, la Madonna, tramite il popolo, ha risposto alla preghiera di Salvini benedicendone le intenzioni.

Antonio Socci

Da “Libero”, 28 maggio 2019

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Papa Francesco/World Jewish Committee

Papa Francesco/World Jewish Committee

Il primo incontro di Francesco con i leader della comunità ebraica mondiale (World Jewish Committee)

di Lisa Palmieri Billig

Rav David Rosen

 

A tre mesi dalla sua elezione, Jorge Maria Bergoglio ha impresso un nuovo stile sul papato. Fedele al suo nome, che ha scelto ispirandosi alla vita di San Francesco d’Assisi, il 266mo Papa di Roma sta battendo ogni record con la sua empatia e la sua esemplare semplicità. Si presenta come un francescano, lasciandosi dietro il rigore del suo background gesuita. Va scartando uno per uno molti orpelli mondani del papato.

Seguendo una tradizione iniziata con Giovanni XXIII, tramandata da Giovanni Paolo I durante il suo breve regno e poi continuata attraverso i talenti di Giovanni Paolo II nella comunicazione e nel suo uso geniale dei media, Francesco preferisce la comunicazione spontanea e diretta alle formalità gerarchiche.

Com’è tipico del suo stile, lavora per eliminare i simboli di potere ed i privilegi per sé e per la Curia romana. Dopo una serie di scelte non proprio convenzionali – qualcuno direbbe “dissidenti” – contro le convenzioni papali (il rifiuto di trasferirsi nella suite papale, la scelta di indossare una croce d’argento piuttosto che d’oro, l’aver disertato un concerto in suo onore preferendo un incontro con rappresentanze internazionali presso la Santa Sede, l’abolizione della classe dei nobili “gentiluomini del Papa” e così via), il nuovo stile è stato evidenziato ancora una volta il 24 giugno, durante il suo primo incontro ufficiale con i rappresentanti della comunità ebraica mondiale.

I 28 delegati delle organizzazioni ebraiche che costituiscono l’IJCIC (il Comitato Ebraico Internazionale per le Consultazioni Interreligiose) hanno potuto assistere ad una rottura visibile con le tradizioni del passato quando Papa Francesco, sorprendendoci, è entrato tranquillamente senza preavviso nella sala dove eravamo in attesa.

Il suo breve discorso ha trasmesso calore personale e un chiaro abbraccio dei progressi compiuti in mezzo secolo di dialogo ebraico-cristiano sulla base del documento del Vaticano II, “Nostra Aetate”.

Un messaggio essenziale, sentito in tutto il mondo, è stato ribadito nella sua dichiarazione enfatica: “Per le nostre radici comuni, un cristiano non può essere antisemita!”

Altrettanto importanti sono le riflessioni di Francesco su “il cammino di maggiore conoscenza e comprensione reciproca percorso negli ultimi decenni tra ebrei e cattolici”, un percorso al quale i suoi predecessori “hanno dato notevole impulso sia mediante gesti particolarmente significativi sia attraverso l’elaborazione di una serie di documenti che hanno approfondito la riflessione circa i fondamenti teologici delle relazioni tra ebrei e cristiani. Si tratta di un percorso di cui dobbiamo sinceramente rendere grazie al Signore.”

Jorge Maria Bergoglio, da arcivescovo di Buenos Aires, ha preso parte a un dialogo intimo con la grande comunità ebraica di quella città. La sua ricca esperienza personale è stata evidenziata da ulteriori osservazioni. A Buenos Aires, ha detto, “ho avuto la gioia di mantenere relazioni di sincera amicizia con alcuni esponenti del mondo ebraico.” Ha ricordato anche di essersi “confrontato con loro in più occasioni sulle sfide comuni che attendono ebrei e cristiani. Ma soprattutto”, ha continuato,”come amici, abbiamo gustato l’uno la presenza dell’altro, ci siamo arricchiti reciprocamente nell’incontro e nel dialogo, con un atteggiamento di accoglienza reciproca, e ciò ci ha aiutato a crescere come uomini e come credenti”.

“La stessa cosa è avvenuta ed avviene in molte altre parti del mondo” ha concluso, “e queste relazioni di amicizia costituiscono per certi aspetti la base del dialogo che si sviluppa sul piano ufficiale. Non posso pertanto che incoraggiarvi a proseguire il vostro cammino, cercando, come state facendo, di coinvolgere in esso anche le nuove generazioni. L’umanità ha bisogno della nostra comune testimonianza… “.

Una testimonianza comune è stata offerta appena due settimane prima di questo incontro, quando il Movimento dei Focolari ha ospitato un incontro ebraico-cattolico a Castel Gandolfo, al quale ha preso parte una delegazione della Comunità Ebraica di Buenos Aires. Alla conferenza stampa conclusiva della riunione, i rappresentanti cattolici ed ebrei sono stati altrettanto entusiasti per l’elevato livello di comunicazione. “Il dialogo ha raggiunto nuove vette di fiducia e di espressione di solidarietà spirituale”, ha commentato uno dei partecipanti, Emily Soloff, Direttore Associato del Dipartimento Interreligioso della American Jewish Committee (AJC).

Anche Il rabbino argentino Abraham Skorka, amico di Papa Francesco e co-autore assieme al pontefice del libro “Tra Cielo e Terra”, ha preso parte al seminario dei Focolarini. Ha detto di considerare Jorge Maria Bergoglio “un vero amico”, così come Papa Francesco, che ha utilizzato la stessa espressione parlandomi di Rabbi Skorka in un commento privato dopo l’udienza IJCIC.

In un certo senso, Abraham Skorka sembra essere per Papa Francesco quel che Jerzy Kluger, amico d’infanzia polacco di Karol Wojtyla, fu per Giovanni Paolo II. In entrambi i casi, profonde amicizie personali fungono da chiavi emotive e spirituali per aprire le porte a una maggiore comprensione tra le nostre due religioni fraterne.

La consapevolezza dello stato avanzato del dialogo è stata tracciata, nel suo discorso al Papa Francesco, dal presidente della IJCIC Prof. Lawrence Schiffman, con un grafico dettagliato di ciò che è stato fatto e delle rimanenti sfide che dobbiamo affrontare insieme.

I progetti futuri del Comitato di collegamento internazionale (composto dall’IJCIC assieme ad ufficiali del Vaticano) comprendono un convegno, che si terrà ad ottobre a Madrid, sul tema “Le sfide alla fede nella società contemporanea” e gli eventi per celebrare il 50° anniversario di “Nostra Aetate” che avranno luogo nel 2015.

Il nostro impegno comune per la difesa della dignità umana e dell’uguaglianza, della libertà religiosa e dei valori etici che sorgono dalle nostre tradizioni parallele sono diventati argomenti di discussione il giorno successivo all’udienza dell’IJCIC col Papa. Molti dei delegati ebrei, nel corso di una riunione del mattino con il cardinale Koch e padre Norbert Hofmann (rispettivamente Presidente e Segretario della Pontificia Commissione per i Rapporti Religiosi con gli Ebrei) hanno espresso preoccupazione per l’aumentare delle persecuzioni dei cristiani in molti paesi dell’Africa, Asia e del Medio Oriente, dove vivono come minoranze. Il cardinale Koch ha confermato che oggi i cristiani sono la minoranza più perseguitata nel mondo. Viste le ripetute persecuzioni delle comunità ebraiche nella storia, questo tocca una corda sensibile di empatia nella psiche ebraica. La questione di cosa può essere fatto e se le dichiarazioni pubbliche di solidarietà e di indignazione da parte di leader del mondo ebraico in realtà siano di aiuto o possano ostacolare la sicurezza dei cristiani in questi Paesi, ha ricevuto valutazioni contraddittorie.

Una organizzazione, l’AJC, ha abbracciato l’idea che è sempre meglio di parlare contro l’ingiustizia piuttosto che rimanere in silenzio, ed agisce in base a questa premessa. Insieme ad altre organizzazioni membri del IJCIC, l’AJC si è battuta per la solidarietà reciproca non solo contro l’antisemitismo, ma contro i pregiudizi e le persecuzioni di ogni gruppo, ovunque ed in qualsiasi momento.

“L’AJC è uno dei fondatori dell’IJCIC ed è la più antica organizzazione ebraica americana che ha aperto la strada alla trasformazione nelle relazioni tra cattolici ed ebrei”, ha detto il rabbino David Rosen, Direttore Internazionale di AJC per gli affari interreligiosi.

Questa trasformazione, come Papa Francesco ha ricordato a tutti noi, è radicata nella nostra amicizia sempre più profonda ed è parte di “un vasto movimento che si è realizzato a livello locale un po’ in tutto il mondo…”

Fonte: Vatican Insider – domenica 30 giugno 2013

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