

di Antonio Tirri
Sappiamo ciò che successe in Giudea, all’epoca del Secondo Tempio, quando il re Antioco IV Epifane volle imporre in tutto il suo regno la cultura greca da cui era affascinato e sedotto. Molti si assoggettarono al suo volere, altri invece, fedeli alla Torà, respinsero con forza il culto idolatrico, e quando videro nel Tempio le statue di Giove e di altre divinità pagane che ne profanavano la Santità, si ribellarono impugnando le armi e diedero inizio a una vera e propria guerra sotto la guida del Sacerdote Mattatia e dei suoi cinque figli, primo fra tutti Giuda soprannominato Maccabeo.
Dopo tre anni di guerra (168-165 a.e.v.), il 25 di kislev dell’anno 165 il Tempio fu rioccupato, riconsacrato e inaugurato (Chanukkà significa appunto inaugurazione). E fu riacceso il candelabro con l’olio puro contenuto nell’unica ampolla ritrovata intatta con il sigillo del Kohèn Gadòl (Sommo Sacerdote).
La quantità di olio, sufficiente per un solo giorno, tenne però acceso il candelabro per otto giorni, tempo occorrente per spremere le olive e ottenere altro olio puro. Per questo miracolo i Maestri di quel tempo decisero che quegli otto giorni sarebbero stati ricordati e celebrati come giorni di gioia e di lode al Signore.
Quindi l’accensione della chanukkià (candelabro a otto bracci), a partire dal 25 di kislev (quest’anno, domenica sera 2 dicembre), non è una mitzwà (precetto) comandata dalla Torà, eppure è una mitzwà importantissima per il significato profondo degli avvenimenti e per il miracolo che D-o Benedetto operò a favore dei nostri Padri, e di cui anche noi beneficiamo.
La lotta tenace dei Maccabei contro l’assimilazione interna e contro l’oppressione esterna sancì con determinazione la volontà di rimanere fedeli ai propri ideali e alla propria cultura, a qualunque costo. Che cosa sarebbe successo se gli eroi di quel tempo fossero scesi a compromessi con quel mondo corrotto e avido e non avessero intrapreso e vinto la guerra per la sopravvivenza?
Il Santuario di Gerusalemme sarebbe diventato uno dei tanti templi del paganesimo e si sarebbe spenta per sempre la luce della Torà, si sarebbe estinto l’ideale della giustizia e della morale, in definitiva l’ideale d’Israele.
Possa la luce di Chanukkà illuminare il buio di questo nostro mondo e di questo nostro vivere sedotto dall’indifferenza, dal potere e dal miraggio della ricchezza.
Chag Chanukkà Sameach.
di Antonio TIRRI
Il 25 di Kislèv cade la festa di Chanukkà (Inaugurazione) che dura otto giorni. Si chiama anche Chàg Haneròth (festa dei lumi), Chàg Haurìm (festa delle luci) e Chàg Hamakkabìm (festa dei Maccabei).
Quando Giuda, figlio del sacerdote Mattatia e soprannominato Maccabeo, dalle iniziali delle parole della frase: “Mi Kamòkha Baelìm Adon-i?” (Chi è pari a Te, o Signore?) entrò nel Tempio di Gerusalemme, a capo dei suoi valorosi seguaci, sapeva bene quale fosse il suo primo compito: riconsacrare il Santuario al Signore e abbattere gli idoli, fatti installare dal re di Siria Antioco IV Epifane, persecutore del culto israelitico, sotto il cui governo era caduta Èretz Israèl (la Terra d’Israele).
Antioco, infatti, voleva che gli ebrei abolissero completamente l’osservanza della Torà e seguissero la religione e la cultura greca, secondo le quali egli stesso era cresciuto. Molti ebrei morirono piuttosto che tradire la loro fede. Ma col passare del tempo, gli animi erano giunti all’esasperazione e quando il vecchio Mattatia, appoggiato dai suoi figli, diede il segno della rivolta, molti non indugiarono a seguirlo.
Le forze di Israele, sotto il comando di Giuda Maccabeo, riuscirono finalmente ad affrontare e sopraffare il nemico, entrando a Gerusalemme. Il Talmùd racconta che quando gli Asmonei riconsacrarono il Tempio, trovarono una piccola ampolla di olio puro, col sigillo del Sommo Sacerdote. L’olio poteva bastare per un solo giorno, ma avvenne un grande miracolo: Nes gadòl hayà pò e l’olio bruciò per otto giorni, diffondendo una bellissima luce e dando così la possibilità ai Sacerdoti di prepararne dell’altro nuovo. Allora fu proclamato che il 25 Kislèv si festeggiasse l’avvenimento, per tutti i tempi. Ancora oggi si accendono i lumi per otto sere, in ricordo non solo del miracolo dell’olio, ma soprattutto del miracolo che pochi ebrei, con l’aiuto del Signore, riuscirono a sconfiggere l’esercito potente dei siriani.
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sevivòn (trottolina) |
Negli otto giorni della festa di Chanukkà non si possono fare manifestazioni di lutto e non si può digiunare. I bambini ricevono regali e in particolare dei sevivòn (trottoline) su cui compaiono le iniziali delle parole Nes gadòl hayà pò (Un grande miracolo è avvenuto qui).
Uno dei precetti relativi alla festa è quello di “rendere pubblico il miracolo”, per questo si usa accendere i lumi al tramonto o più tardi, quando c’è ancora gente nelle vie, vicino alla finestra che si affaccia sulla strada, al fine di rendere pubblico il miracolo che avvenne a quel tempo.
UNA RIFLESSIONE SUL MIRACOLO DELL’OLIO
di Rav Riccardo Di Segni
“Il miracolo di Chanukkà, dell’olio che basta per accendere la Menorà per otto giorni, ha un precedente nel secondo libro dei Re, al capitolo 4. È la storia di una povera vedova piena di debiti alla quale il profeta Elishà (Eliseo) fa un miracolo. In casa la vedova ha solo un’ampollina di olio; Elishà le chiede di chiudersi in casa, e di farsi prestare quanti più recipienti (kelìm) può; e poi di cominciare a versare il suo poco olio nei recipienti. L’olio comincia a scendere e riempie di volta in volta i recipienti che vengono portati. Finiti i recipienti, il miracolo si interrompe. Questa storia può essere molto utile per spiegare il senso del miracolo di Chanukkà. L’olio e i recipienti rappresentano lo spirito e la materia. C’è un’effusione ininterrotta dell’olio, della luce, dell’energia, dello spirito, nella materia vuota. Finché c’è un recipiente disponibile, l’energia arriva”.
Negli ultimi anni nelle grandi piazze di alcune città italiane, si issa un’enorme Chanukkià i cui lumi vengono accesi in presenza di numerosi intervenuti.
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Roma, la grande Chanukkià di piazza Barberini
A cura di “Per Amore di Gerusalemme”
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