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Parlare (sempre) di migranti per cancellare Dio. Anche a Pasqua

Parlare (sempre) di migranti per cancellare Dio. Anche a Pasqua

Ma almeno nella Settimana Santa potrebbero parlarci di Gesù Cristo? O chiediamo troppo al Vaticano e a Bergoglio?

Non so se oltretevere ci siano ancora cattolici (a parte Benedetto XVI e pochi altri), ma in fin dei conti la ragion d’essere della Chiesa è solo questa e la gente comune ha un desiderio infinito di ascoltare uomini di Dio che parlano di Gesù, del senso della vita e dell’eternità.

Per discettare di clima e ambiente c’è già Greta Thunberg con i suoi seguaci, non c’è bisogno di Bergoglio che, se ci credesse, metterebbe in guardia dalle fiamme dell’Inferno più che dal riscaldamento globale.

Possibile che nella Chiesa sia stata completamente spazzata via la Passione di Cristo che si consegna al massacro per amore nostro, che “si svenerà per voi” come recita un antico canto polifonico, e che risorge, sconfiggendo il male e la morte, aprendo così agli uomini la vita eterna? Quante volte sentite Bergoglio parlare di resurrezione, di eternità, di Inferno, Purgatorio e Paradiso?

Da quando è iniziata la sua stravagante epoca sudamericana (alla messa d’inaugurazione parlò di ambiente), Gesù è diventato il Grande Misconosciuto, ma ancora di più il silenzio assoluto ha riguardato la vita eterna e il mistero di Dio.

Gesù viene ancora, saltuariamente, rammentato, ma solo come pretesto per parlare di migranti. A Natale ci hanno raccontato che Gesù era migrante (anche se non è affatto vero), così – invece della nascita del Figlio di Dio – sono stati celebrati i barconi.

Nella Settimana Santa ecco di nuovo il pretesto della Passione di Cristo per parlare – come al solito – di migranti. Il card. Bassetti, bergogliano presidente della Cei, perfino nella liturgia del giovedì santo ha voluto ripetere le solite baggianate farlocche (“I migranti non sono un problema, sono una risorsa”).

Nella Via Crucis del Colosseo, quella con la presenza di Bergoglio, c’informa “Repubblica”, le diverse “meditazioni contestano porti chiusi e lager dei migranti”.

È chiaro che nella Passione di Cristo è compreso tutto il dolore degli uomini, ma anzitutto, almeno di Venerdì Santo, si dovrebbe parlare di lui, perché per parlare di migranti Bergoglio usa già gli altri 364 giorni dell’anno.

Se poi vogliamo proprio parlare di atrocità ci sarebbero le sofferenze dei cristiani perseguitati che però il Vaticano di Bergoglio non ama considerare perché i persecutori sono spesso i regimi dei “fratelli” islamici o quelli comunisti come la Cina che Bergoglio vuole compiacere ad ogni costo (gli ha praticamente consegnato la Chiesa cinese).

Oppure ci sarebbe da parlare dell’attacco alla vita, a cominciare da quella dei “non nati” (molti milioni ogni anno), ma questo non è un tema politicamente corretto, quindi il Vaticano se ne guarda.

D’altronde la questione migranti è del tutto fuori tempo, perché oggi – chi ha a cuore la loro vita – dovrebbe solo rallegrarsi per la fine delle stragi in mare. Tuttavia non lo fa per non riconoscere i meriti del ministro dell’Interno.

La Chiesa africana considera una sciagura  la partenza di tante energie giovani verso l’Europa. Come ha spiegato il card. Robert Sarah, africano: “La Chiesa non può collaborare con la nuova forma di schiavismo che è diventata la migrazione di massa. Se l’Occidente continua per questa via funesta esiste un grande rischio – a causa della denatalità – che esso scompaia, invaso dagli stranieri, come Roma fu invasa dai barbari. Parlo da africano. Il mio paese è in maggioranza musulmano. Credo di sapere di cosa parlo”.

Il cardinale ha anche aggiunto:“Come un albero, ciascuno ha il suo suolo, il suo ambiente in cui può crescere perfettamente. Meglio aiutare le persone a realizzarsi nelle loro culture piuttosto che incoraggiarle a venire in un’Europa in piena decadenza. È una falsa esegesi quella che utilizza la Parola di Dio per valorizzare la migrazione. Dio non ha mai voluto questi strappi”.

Proprio il card. Sarah, grande uomo di Dio, ha spiegato mille volte che la più grande carità verso gli uomini è donare loro Dio, l’annuncio cristiano, ed è questo il compito della Chiesa.

Ma la chiesa progressista ha accantonato Dio e si occupa solo di politica, schiacciata sui temi della Sinistra. Bergoglio è in campagna elettorale permanente.

Sui giornali clericali sono spariti i “principi non negoziabili” e la politica “progressista” dilaga. Il giovedì santo, sulla prima pagina di “Avvenire”, giornale della Cei, campeggiava una grande pubblicità dell’ultimo libro del gesuita padre Bartolomeo Sorge (è tornato anche lui in questo revival degli anni Settanta). S’intitola: “Perché il populismo fa male al popolo”.

Capito? Mica spiega che il laicismo  o il relativismo fanno male al popolo, mica ci mette in guardia dal politically correct, mica tuona contro l’islamismo o contro il comunismo  (c’è ancora, nella Cina che sta conquistando il mondo).

No, il pericolo pubblico è rappresentato dal fantomatico “populismo”. Sono ancora fermi alla copertina di “Famiglia cristiana” con Salvini nei panni del diavolo.

La cancellazione di Dio dalla scena pubblica, di cui ha drammaticamente parlato Benedetto XVI nel suo ultimo intervento, sta avvenendo anzitutto ad opera di coloro che – per mestiere, se non per missione – dovrebbero parlare al mondo di Cristo e dell’eternità.

Lo ha detto con dolore lo stesso papa Benedetto: “Anche noi cristiani e sacerdoti preferiamo non parlare di Dio… Dio è divenuto fatto privato di una minoranza”.

Eppure gli uomini hanno uno struggente bisogno di ritrovare il senso della vita, di vedere una salvezza e guardano alla Chiesa come nei giorni scorsi, commossi, durante l’incendio della grande cattedrale di Notre Dame.

C’è fame e sete di Dio, ma chi dovrebbe sfamare e dissetare l’umanità è tarantolato dalla politica, dal fanatismo ambientalista e migrazionista e ha dimenticato Dio.

Eppure nulla come il volto di Cristo arriva al cuore. Come scriveva George Bernanos“Verrà un giorno in cui gli uomini non potranno pronunciare il nome di Gesù senza piangere”.

Siamo molto vicini a quel giorno.

Antonio Socci

Da “Libero”, 20 aprile 2019

 

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Migrazione di massa e nuovo schiavismo.

Migrazione di massa e nuovo schiavismo.

A chi si è addormentato con le chiacchiere monotone e “politicamente corrette” delle élite clericali che lisciano il pelo ai salotti delle ideologie dominanti, il nuovo libro del card. Robert Sarah provocherà uno choc.

E’ sulla linea del magistero di Benedetto XVI e di Giovanni Paolo II non solo sui temi dottrinali, ma anche sulle questioni sociali del presente.

Il cardinale africano giganteggia nella Chiesa attuale per la sua autorevolezza, la sua spiritualità, per il suo distacco dalle lotte curiali e per la sua coraggiosa voce di verità.

Del resto già da giovane vescovo in Guinea  entrò in urto col regime socialista, cioè “con Sekou Touré sempre più inferocito contro questo nuovo pastore indomito difensore della fede. Dopo la morte improvvisa del tiranno, nel 1984, scopriranno che Sarah era il primo sulla lista dei nemici”  (Sandro Magister).

Specialmente sul tema dell’emigrazione  lui, africano proveniente da un villaggio poverissimo, è totalmente controcorrente rispetto al clericalismo di sinistra

Mette in guardia dalla “barbarie islamista” (come dalla barbarie materialista), appoggia i paesi di Visegrad che difendono le loro identità nazionali e boccia il Global Compact sulle migrazioni.

Ormai – dice –“ci sono molti paesi che vanno in questa direzione e ciò dovrebbe indurci a riflettere. Tutti i migranti che arrivano in Europa vengono stipati, senza lavoro, senza dignità… È questo ciò che vuole la Chiesa? La Chiesa non può collaborare con la nuova forma di schiavismo che è diventata la migrazione di massaSe l’Occidente continua per questa via funesta esiste un grande rischio – a causa della denatalità – che esso scompaia, invaso dagli stranieri, come Roma fu invasa dai barbari. Parlo da africano. Il mio paese è in maggioranza musulmano. Credo di sapere di cosa parlo”.

Così, in un’intervista a “Valeurs Actuelles” , ha presentato il suo nuovo libro, appena uscito in Francia (in italiano arriverà a fine estate), che s’intitola “Le soir approche et déjà le jour baisse” , titolo che richiama il passo del Vangelo sui pellegrini di Emmaus.

E’ un grido d’allarme sulla Chiesa, sull’Europa e sulla sua Africa che ritiene danneggiata dall’ondata migratoria: “C’è una grande illusione che consiste nel far credere alla gente che i confini saranno aboliti. Gli uomini si assumono rischi incredibili. Il prezzo da pagare è pesante. L’Occidente è presentato agli africani come il paradiso terrestre (…). Ma come si può accettare che i paesi siano privati ​​di così tanti loro figli? Come si svilupperanno queste nazioni se così tanti loro lavoratori sceglieranno l’esilio?” 

Il prelato si chiede quali sono le strane organizzazioni  “che attraversano l’Africa per spingere i giovani a fuggire promettendo loro una vita migliore in Europa? Perché la morte, la schiavitù e lo sfruttamento sono così spesso il vero risultato dei viaggi dei miei fratelli africani verso un eldorado sognato? Sono disgustato da queste storie. Le filiere mafiose dei trafficanti devono essere sradicate con la massima fermezza. Ma curiosamente restano del tutto impunite”. 

Non si può far nulla? Il prelato cita “il generale Gomart, ex capo dell’intelligence militare francese”, il quale di recente ha spiegato: “Questa invasione dell’Europa da parte dei migranti è programmata, controllata e accettata […] Niente del traffico migratorio nel Mediterraneo è ignorato dalle autorità francesi, militari e civili”.  

Sarah si dice traumatizzato da quello che è accaduto negli anni scorsi: “La barbarie non può durare più. L’unica soluzione duratura è lo sviluppo economico in Africa. L’Europa non deve diventare la tomba dell’Africa”. Perciò “si deve fare tutto affinché gli uomini possano rimanere nei paesi in cui sono nati”

Così il cardinale si schiera pure contro il Global Compact che invece è sostenuto da Bergoglio: “Questo testo ci promette migrazioni sicure, ordinate e regolari. Ho paura che produrrà esattamente il contrario. Perché i popoli degli Stati che hanno firmato il testo non sono stati consultati? Le élite globaliste hanno paura della risposta della democrazia ai flussi migratori?”.

Sarah ricorda che hanno rifiutato di firmare questo patto paesi come Stati Uniti, Italia, Australia, Polonia e molti altri. 

Poi il cardinale critica il Vaticano che lo appoggia: “sono stupito che la Santa Sede non sia intervenuta per cambiare e completare questo testo, che mi sembra gravemente inadeguato”. 

E boccia le élite europee: “Sembra che le tecnostrutture europee si rallegrino dei flussi migratori o li incoraggino. Esse non ragionano che in termini economici: hanno bisogno di lavoratori che possano essere pagati poco. Esse ignorano l’identità e la cultura di ogni popolo. Basta vedere il disprezzo  che ostentano per il governo polacco”. 

Alla fine di questa strada – avverte Sarah – c’è solo l’autodistruzione. Secondo il cardinale si è approfittato della pur giusta lotta “contro tutte le forme di discriminazione” per imporre l’utopia della “scomparsa delle patrie”. Ma questo “non è un progresso”

Il multiculturalismo non va confuso con la carità universale: “La carità non è un rinnegamento di sé. Essa consiste nell’offrire all’altro ciò che di meglio si ha e quello che si è. Ora, ciò che di meglio l’Europa ha da offrire al mondo è la sua identità, la sua civiltà profondamente irrigata di cristianesimo”. 

Invece, secondo il cardinale, l’attuale globalizzazione “porta a un’omologazione dell’umanità, mira a tagliare all’uomo le sue radici, la sua religione, la sua cultura, la storia, i costumi e gli antenati. Così diventa apolide, senza patria, senza terra. È a casa dappertutto e da nessuna parte”.

Perciò il prelato spezza una lancia a favore dei paesi cosiddetti sovranisti: “I paesi, come quelli del gruppo di Visegrád, che si rifiutano di perdersi in questa pazza corsa sono stigmatizzati, a volte persino insultati. La globalizzazione diventa una prescrizione medica obbligatoria. Il mondo-patria è un continuum liquido, uno spazio senza identità, una terra senza storia”.

Antonio Socci.

Da “Libero”, 7 aprile 2019

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