IL SONNO IDEOLOGICO E I SUOI ABISSI

IL SONNO IDEOLOGICO E I SUOI ABISSI

Continueremo così fino a quando ci risveglieremo traumaticamente dal nostro sonno ideologico. Marx, come è noto, sosteneva che la religione fosse l’oppio dei popoli, ma si sbagliava come in molte altre cose. L’oppio dei popoli è l’ideologia, e certo anche la religione si può trasformare in ideologia.

Il sonno ideologico da cui l’occidente è afflitto è quello che non gli permette di vedere che due più due fa quattro, che l’alto è l’opposto del basso e che il caldo non è il freddo. L’oppio ammannito alla popolazione è lo stesso di cui una certa intellighenzia fa abbondante uso. Ed è molto più efficace per narcotizzare di quello vero tratto dalle coltivazioni di papaveri.

E’ una mistura di terzomondismo, di politically correct, di relativismo antropologico, di mea-culpismo, di antiamericanismo, di anticapitalismo, di antiatlantismo, di decostruttivismo…che produce fantasmagorie, ibridi, mostri…

Quando la ragione dorme. Come nella celebre incisione di Goya, il grande veggente della Quinta del Sordo.

Ma veniamo al dunque. L’islam oggi è più di ogni altra cosa ciò che deve essere ad ogni costo salvaguardato dallo sguardo freddo e lucido dell’intelligenza. Lo sguardo che vede la realtà e dice la realtà.

Adaequatio rei et intellectus, e ci inchiniamo come sempre davanti al Santo Dottore.

E questa adequatio ci fa dire a chi ci dice che l’Islam è grande, grande, grande come cantava la spericolata e sublime voce di Mina-e dunque non si può fare di tutta un’erba un fascio, non dei jihadisti, non dei musulmani rigoristi, non dei sessisti propugnatori della sharia, non degli stupratori o potenziali tali, o dei maschi musulmani che devono essere in quattro a testimoniare a favore dell’attendibilità di una donna vittima di stupro se no quello che dice è privo di valore-che la maggioranza di chi non si riconosce in tutto ciò non conta nulla.

Non conta nulla quando essa è simile a un corpo inerte, al coperchio di ghisa di un tombino. Non l’abbiamo mai vista in azione contro l’ISIS, né contro il radicalismo wahabita saudita né contro quello “rivoluzionario” scita, non la vediamo né la sentiamo tutte le volte che avviene qualcosa di terribile e si scopre che chi lo commette è musulmano e non buddista. Non c’era dopo l’11 settembre a riempire le piazze di tutto il mondo, né dopo Madrid, Londra, Parigi, per non parlare della violenza quotidiana in Israele (ma Israele, si sa, è un’altra storia). E non ci sarà la prossima (purtroppo) volta.

Non c’è mai l’altro Islam, quello più grande della parte che non lo rappresenta, ma che nella testa di chi lo agisce lo rappresenta eccome. La maggioranza moderata è avvolta dal suo silenzio sterminato. E sono tanti, ma con l’eccezione di due o tre gatti non si fanno mai sentire e mai vedere.

Eppure esistono. Ma esistono davvero? O come il minotauro, l’araba fenice, le arpie, sono un parto della nostra febbricitante fantasia?

No, non incolpiamo “tutto” l’Islam né per ciò che è accaduto a Parigi, Brusseles, Londra, Berlino, Manchester, Nizza, Colonia, Barcellona. Incolpiamo quella parte del tutto che si mostra senza sosta mentre il resto, assai più cospicuo, il residuo maggioritario, come le tre proverbiali scimmie non vede, non parla, non sente.

 
 di Niram Ferretti

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